Tra tradizione, innovazione e famiglia: intervista al CEO di Graziadio & C. Luca Rigazzi

Luca Rigazzi CEO di Graziadio & C., foto in bianco e nero, primo piano con sorriso

Dal cuore industriale di Torino fino alla crescita internazionale: la storia della Graziadio & C. è un racconto di visione imprenditoriale, tradizione, innovazione e solidità. Fondata nel 1959 dalle famiglie Graziadio e Rigazzi, l’azienda ha saputo evolversi nel tempo specializzandosi nella produzione di elettrocondotti (in gergo “blindosbarre”, ndr) e affermandosi come punto di riferimento nel settore. Con oltre sei decenni di esperienza e una gestione che continua a restare “familiare”, la Graziadio & C. rappresenta oggi un esempio di eccellenza italiana capace di affrontare le sfide del mercato globale con serietà e affidabilità. Nella nostra intervista, il CEO (e Presidente dei Comitati di Convalida di Réseau Entreprendre Piemonte) Luca Rigazzi – erede di questa grande storia industriale “made in Piemonte” – ci svela tutti i segreti dietro al successo dell’azienda, ripercorrendo tracce di vita vissuta e indicando orizzonti futuri.

Partiamo con la domanda preparata per lei dal precedente intervistato, in questo caso il Presidente di Réseau Entreprendre Piemonte Christian Zegna. Può raccontarci due momenti particolarmente emozionanti che ha vissuto in qualità di Presidente dei Comitati di Convalida di REP?

Ho visto tantissime startup presentarsi, ognuna con la propria storia e la propria visione, ma i momenti che mi sono rimasti particolarmente impressi sono due. Il primo riguarda un’azienda che produce urne funerarie di design per il mercato estero: si trattava di un progetto affascinante per la capacità di trasformare un prodotto legato alla tristezza in un elemento di design e tradizione. Il secondo momento riguarda una startup che ha sviluppato una piattaforma di formazione online in lingua. Aveva tutte le carte in regola per essere approvata, ma così non è stato. Questo dimostra quanto, anche in presenza di idee valide, ci siano elementi che possono fare la differenza in un percorso imprenditoriale. Come Réseau Entreprendre, il nostro compito è anche quello di aiutare gli imprenditori a colmare queste lacune.

Cosa la affascina di più delle startup?

Amo particolarmente le startup che producono beni fisici piuttosto che software. Mi affascina tutto quello che è materiale: la logistica, la produzione, la spedizione. Trovo stimolante quando gli imprenditori credono nel loro progetto e si mettono alla prova, anche di fronte a situazioni difficili che li costringono a uscire dalla loro comfort zone.

Di cosa si occupa la sua azienda?

Lavoriamo nel settore del materiale elettrico industriale, in particolare producendo blindosbarre per il trasporto di corrente elettrica nelle fabbriche. I nostri prodotti sono essenziali, anche se spesso invisibili: proprio come un cavo elettrico in casa, la loro presenza è fondamentale, ma non deve essere percepita.

Qual è la visione della sua azienda?

La nostra azienda ha più di 60 anni di storia: venne fondata da mio nonno e fu poi gestita da mio padre. Oggi io e mio fratello proseguiamo questa tradizione aggiungendo un tocco di modernità che si nota soprattutto nella volontà di creare un ambiente di lavoro piacevole per tutti, superando la mentalità del padrone che va contro gli operai. Il nostro punto di forza, invece, è da ricercare nella rapidità e nella flessibilità: siamo un’azienda fatta da 50 persone, per questo occorre differenziarsi da colossi come General Electric e Siemens; il nostro mercato, a proposito, ha una forte componente di export, con il 55% del fatturato proveniente da mercati extraeuropei.

Secondo lei cosa significa essere imprenditori nel 2025?

Significa affrontare continue sfide, trovare nuovi clienti e non restare mai fermi. Personalmente, mi piace sperimentare e innovare, perché non sopporto la routine. Tuttavia, una delle difficoltà maggiori è quella di trovare persone motivate: in generale, nel mercato del lavoro vedo poca ambizione ma, pensando a REP, spesso nei comitati di convalida vedo giovani con una vera passione per l’imprenditoria.

Secondo lei quali sono le opportunità che una startup deve saper cogliere nel 2025?

La più grande è sicuramente quella di costruire qualcosa di proprio, senza essere vincolati a un datore di lavoro. Se si riesce a trasformare una passione in un’attività remunerativa, si ha la possibilità di vivere un’esperienza imprenditoriale autentica.

Com’è possibile bilanciare tradizione e innovazione in un’azienda con 60 anni di storia?

Mantenendo il valore della storia aziendale, il nome, il logo e i principi iniziali, ma allo stesso tempo essendo curiosi e aperti alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie. Prendendo come esempio la Graziadio & C., noi lavoriamo con materiali tradizionali come rame e alluminio, ma li integriamo con tecnologie avanzate per restare competitivi.

Nell’era dell’AI e dell’automazione, esiste ancora un ruolo per gli esseri umani?

Le macchine possono eseguire processi, ma a mio avviso il valore umano rimane insostituibile. L’intuizione, la sensibilità e la capacità di adattarsi sono qualità che nessuna macchina potrà mai replicare completamente. L’automazione deve eliminare le attività ripetitive, ma il rapporto con i clienti e le decisioni strategiche devono restare umane.

Se non fosse diventato imprenditore, cosa avrebbe fatto?

Mi sarei dedicato alle nuove tecnologie perché sono sempre stato affascinato dalla Silicon Valley e dall’innovazione. Ho anche un passato da appassionato di videogiochi e ho studiato programmazione in Basic.

Qual è il valore di Réseau Entreprendre che più la rappresenta?

La condivisione delle conoscenze imprenditoriali. Aiutiamo gli altri senza interessi personali, offrendo la nostra esperienza per evitare che si ripetano errori già fatti da altri in passato.

Perché un imprenditore dovrebbe entrare in Reseau?

Per respirare un’aria diversa e più positiva. I media spesso dipingono un quadro negativo dell’economia, ma all’interno di Réseau si possono trovare stimoli e motivazioni.

Come vede il futuro del suo settore?

Benissimo perché l’elettricità servirà sempre. I data center che gestiscono ormai tutta la nostra vita, a proposito, richiedono sempre più energia e per questo il trasporto della corrente rimarrà una necessità fondamentale per decenni.

Secondo lei, qual è l’ambito strategico su cui le startup dovrebbero investire di più?

Credo che il marketing sia cruciale per qualsiasi startup: tornando ai Comitati di Convalida, capita con frequenza di imbattersi in ottime idee ma con poca attenzione alle strategie commerciali. Per quanto riguarda i settori produttivi, il cibo rimarrà sempre centrale.

Nella sua vita, personale e lavorativa, ha avuto un mentore o un’altra fonte di ispirazione?

Sicuramente Steve Jobs per la sua visione innovativa e per aver dimostrato di crederci fino in fondo. In secondo luogo la filosofia produttiva giapponese dell’Improduction (unione di improvement e production) che insegna a semplificare i processi riducendo gli sprechi introducendo un metodo di lavoro basato sull’osservazione e sulla riflessione.

Qual è stata la decisione più difficile che ha preso come imprenditore?

Licenziare il responsabile di produzione dopo 10 anni di collaborazione e dopo aver introdotto insieme la filosofia dell’Improduction di cui parlavo prima. Dopo un avvio incoraggiante, che ci consentiva di fare il doppio in metà spazio, il suo approccio si è modificato diventando inconciliabile. Mi dispiace perché eravamo amici e vicini di casa, ma gli oltre 2250 giorni senza alcun tipo di infortunio sul lavoro dimostra che avevo ragione.

Come membro di REP, che consiglio si sentirebbe di dare ad un giovane imprenditore?

Quello di trovare un mentore, studiare ogni mossa e bilanciare passione e logica, perché senza una strategia si rischia di farsi davvero male.

Qual è il suo sogno personale per il futuro?

Continuare a viaggiare grazie al lavoro, anche se il sogno “proibito” sarebbe quello di viaggiare senza telefono e senza pensare all’ufficio.

Nella prossima intervista parleremo con Roberto Tortia, co-founder e CEO di Fair Enough: cosa gli vorrebbe chiedere?

Quando hai avuto la tua idea imprenditoriale, quali sviluppi ti sei immaginato per la tua futura azienda?