Essere imprenditore: intervista al Presidente di REP Christian Zegna
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Essere imprenditore non è solo un lavoro, ma è uno stile di vita che si nutre di esperienze personali e professionali, di passioni e curiosità: il Presidente di Réseau Entreprendre Piemonte Christian Zegna incarna perfettamente questo spirito. Fondatore dell’agenzia di comunicazione innovativa Btrees nel 2015, il suo percorso è un mosaico di esperienze molto diverse tra loro, da animatore socio-culturale ad amministratore di realtà che puntano a connettere e ispirare.
La capacità di adattarsi ai cambiamenti, risolvere problemi complessi e mettersi sempre in gioco sono tratti distintivi che emergono sia nella sua carriera che nelle sue passioni. Sommelier, maratoneta, presidente di associazioni e tifoso incallito, Zegna racconta una vita vissuta all’insegna della crescita e dell’impegno.
Con un mix di autoironia e profondità, ci introduce nel suo mondo fatto di valori, storie e sfide, senza dimenticare il legame indissolubile con le sue radici biellesi e il sogno di costruire relazioni autentiche anche nei territori più remoti. Iniziamo questo viaggio alla scoperta di chi si cela dietro le quinte di Réseau e delle sue scelte.
1- Nella sua proposta di mandato ha indicato cinque obiettivi: crescere, ispirare, connettersi, influire e distinguersi. Che valore hanno per lei e come li ha incontrati nella sua vita?
La crescita è sempre stata un mio obiettivo, sia come persona che come imprenditore. Crescere, però, non significa solo diventare più grandi o più forti, ma è un percorso verso il miglioramento continuo. Nel mio caso ha rappresentato un faro verso la creazione di nuovi posti di lavoro, filosofia che si è sposata alla perfezione con i valori di Réseau Entreprendre Piemonte. Il segno più tangibile è dato dall’aver inciso positivamente sulla vita e sul benessere delle persone: penso, ad esempio, al figlio nato ad un collaboratore di Btrees dopo il trasferimento da Reggio Emilia a Torino o a chi ha potuto seguire le proprie passioni lavorando nel mondo della comunicazione.
Connettersi, invece, si articola in due dimensioni: il digitale e il networking. Ho iniziato a lavorare nell’ambito del marketing digitale con i social media, strumenti che facilitano sicuramente le connessioni tra le persone. Ma la connessione umana, quella che nasce dalle associazioni e dalla partecipazione attiva, è altrettanto importante e mi è sempre piaciuta molto perché crea valore e opportunità.
Influire significa dimostrare serietà, affidabilità e concretezza. Personalmente, credo poco nei “messaggi” popolari e preferisco puntare sulla credibilità costruita sui fatti: se porti a casa i risultati diventi influente. I risultati di una realtà virtuosa come quella di Réseau ne sono una prova, basta guardare l’altissima percentuale di sopravvivenza delle startup al termine del percorso di accompagnamento.
Distinguersi, infine, è un concetto legato alla diversità di sostanza e di contenuto. Ciò che rende unica Réseau rispetto alle altre associazioni di imprenditori, seppur valide e autorevoli, è il suo modello internazionale esportato in tutta Europa e la messa a disposizione di tempo e risorse con l’obiettivo di migliorare l’impatto economico e sociale sul territorio. Pensandoci bene non esiste nulla di simile in giro: Réseau non è un’associazione categoria, un acceleratore, un fondo di investimento o un incubatore, ma un unicum particolare.
2- Cosa significa per lei ispirare?
L’ispirazione arriva dalla diversità: amo ascoltare storie di persone che provengono da mondi lontani dal mio per trovare connessioni e ridondanze. Faccio un nome su tutti, con le dovute proporzioni: Riccardo Gualino.
3- Da chi o da che cosa è stato ispirato nella sua vita personale e professionale?
Ho sempre trovato grande ispirazione nella lettura, nello specifico di biografie che raccontano la vita di sportivi o di persone non necessariamente famose che realizzano imprese impensabili. La prima che mi viene in mente è Louise Juliet Sutherland, prima donna ad aver attraversato la foresta amazzonica in bici senza curarsi delle previsioni funeste fatte da altri. Ma potrei anche parlare del tre volte campione olimpico di tiro a segno Niccolò Campriani, che nel suo libro riflette sull’importanza di sparare al bersaglio tra un battito del cuore e l’altro per evitare microvibrazioni potenzialmente decisive sulla performance sportiva. O ancora di Emil Zatopek, primo atleta capace di vincere la medaglia d’oro alle Olimpiadi nei 5mila, nei 10mila e nella maratona e per questo esempio di perseveranza e determinazione.
4- Secondo lei com’è possibile distinguersi al giorno d’oggi?
Distinguersi oggi significa essere credibili e coerenti, perché molte aziende fanno grandi dichiarazioni senza rispettarle davvero: se analizzassimo 100 siti web di imprese, infatti, nel 90% dei casi troveremmo parole come “tradizione”, “innovazione” o “sostenibilità”inserite a sproposito. Credo fermamente che per distinguersi basti fare ciò che si dice, questo è l’unico modo davvero efficace per ottenere rispetto e attirare talenti.
5- Come si legano gli obiettivi presenti nelle sue proposte di mandato ai valori di Réseau Entreprendre Piemonte?
Io non ho inventato nulla: si tratta di cinque tematiche che, dal mio punto di vista, emergono naturalmente dai bisogni e dalle caratteristiche di Réseau. L’associazione ha tutti i presupposti per raggiungerli affrontando sfide e valorizzando opportunità.
6- Qual è il valore di Réseau che sente più suo e perché?
La gratuità perché i temi del volontariato e dell’attivismo sono sempre stati una costante fin da quando avevo 18 anni: prima come animatore, poi come volontario all’interno di case di riposo e per l’Operazione Mato Grosso, poi come responsabile di progetti sulle politiche giovanili e, infine, attraverso l’attività di rappresentanza in Confindustria; oltre a questo, ho anche fondato un’associazione sportiva dilettantistica in provincia di Biella. L’avventura in Réseau non è altro che una naturale estensione di questo percorso, anche se non si tratta di allenare un gruppo di ragazzini ma di supportare le startup.
7- Perché ha scelto di candidarsi alla presidenza di Réseau?
Credo molto nell’associazione perché è stata fondamentale, grazie all’aiuto del mio mentor Stefano Papini, nel permettermi di gestire un momento molto delicato del mio percorso imprenditoriale. Vista l’efficacia che ha avuto con me, spero di riuscire a restituire qualcosa.
8- Cosa ha provato quando quando l’Assemblea dei Soci ha deciso di darle fiducia?
È stato molto bello ma contemporaneamente sfidante: prima di tutto perché mi ha permesso di raccogliere l’eredità di uno dei presidenti più significativi come Giovanni Radis, persona di grande equilibrio. Poi perché in Réseau ci sono imprenditori molto più esperti di me e questo mi sprona ad alzare l’asticella sempre più in alto; nonostante tutto, da parte loro ho sempre percepito grande fiducia e grande supporto.
9- È stato anche lei uno startupper, può raccontaci la sua esperienza?
Il mio periodo da startupper è stato impegnativo ma fantastico. Btrees è nata a Biella all’interno di Sella Lab, uno spazio molto stimolante dove poter fare community nel mondo dell’innovazione e delle startup. Ricordo quel periodo con grande piacere perché facevamo orari assurdi, spesso le giornate proseguivano anche dopo cena.
10 – Secondo lei cosa vuol dire essere imprenditore nel 2025?
A mio avviso, gli aspetti che influiscono in maniera preponderante sul fare impresa nel 2025 sono due. La scarsa stabilità economica ed il clima di sfiducia generato da quello che succede nel mondo, con riferimento particolare alle guerre, e l’alta complessità amministrativa presente in Italia: la prima incide negativamente sui mercati in termini di volontà di investire, mentre la seconda danneggia una competitività che al contrario andrebbe stimolata semplificando la burocrazia nel rispetto delle regole. A tutto questo si aggiunge anche l’eccessivo costo dell’energia, che da noi ha raggiunto livelli altissimi. In un contesto di estrema complessità come quello appena descritto, un bravo imprenditore deve essere poliedrico e bravo a motivare i propri collaboratori; il sottoscritto, a proposito, ha appena frequentato un corso di executive coaching.
11 – Se non avesse fatto l’imprenditore cosa avrebbe fatto e perché?
L’avvocato: all’università ho dato molti esami di diritto e mi è piaciuto tantissimo. Mi affascina perché non si limita all’applicazione delle leggi ma ha molte connessioni con temi etici e filosofici.
12 – Con l’intelligenza artificiale, le nuove tecnologie e la robotica, un numero sempre maggiore di competenze non richiede più un contributo umano significativo. Secondo lei, dove questo apporto resta indispensabile?
Sarei bugiardo se dicessi che le innovazioni non sono utili, volendo anche fondamentali. Allo stesso tempo, però, ritengo che la relazione personale e lavorativa con gli altri non sia sostituibile e nemmeno pareggiabile da nessuna macchina o intelligenza artificiale. Mi riferisco, in particolare, alla dimensione fisica della presenza, delle sensazioni e delle esperienze come mangiare qualcosa insieme. La tecnologia va sfruttata a nostro vantaggio, ma ammetto di essere un po’ preoccupato vista la mancanza di una normativa che regoli un cambiamento più rapido di quello che ebbe internet.
13 – Quando non fa il presidente di Réseau cosa fa?
Passo la maggior parte del mio tempo in famiglia, coltivando le mie passioni per il vino, per lo sport e per la cultura in generale. Sono un sommelier, corro e vado in bici; dimenticavo: mi piace anche cucinare e il piatto che mi riesce meglio è il risotto.
14 – Sul suo profilo LinkedIn si definisce un “maratoneta anche nell’approccio alla vita”: quali sono state le maratone, sportive e non, più significative?
Sportivamente parlando sicuramente la “100 km del Passatore”, un’ultramaratona attraverso gli Appenini con partenza da Firenze e arrivo a Faenza: un’esperienza diversa da tutte le altre che mi ha fatto letteralmente entrare nella dimensione del viaggio. Nella vita, invece, non posso che citare Btrees. Il legame tra le due? Quando parti sei sicuro che avrai dei momenti di difficoltà e ti chiederai chi te l’ha fatto fare. A differenziarle è invece la gestione: per le maratone ti puoi allenare in anticipo, mentre quando fai impresa la preparazione avviene strada facendo.
15 – Sempre su LinkedIn si definisce “sommelier sbruffoncello”: se fosse un vino, che vino sarebbe e perché?
Qui le mie origini biellesi vengono fuori prepotentemente perché ho una passione per i vini molto buoni a prezzi accessibili, quelli che con il tempo maturano e migliorano; anch’io spero di poter seguire questa traiettoria. Giusto per fare un esempio, cito il Langhe Nebbiolo “Fralù” di Bruno Rocca: me l’ha fatto scoprire Matteo Sebaste che, oltre a far parte del Consiglio di Réseau, è un mio grande mico.
16 – Nel prossimo appuntamento intervisteremo Luca Rigazzi della Graziadio&C: cosa le vorrebbe chiedere?
Luca è una persona umilissima e disponibilissima, con un ruolo molto importante nell’associazione. A lui chiederei di raccontare un paio di momenti emozionanti vissuti durante i Comitati di Convalida di cui è Presidente.